Tedino: Palermo, sogni, disciplina, Santuzza, famiglia e una… promessa
“Da bambino avevo due sogni: fare il calciatore – ma ho avuto un infortunio serio e ho dovuto smettere presto – e fare il metronotte, un mestiere da uomini soli, come in fondo è il mestiere dell’allenatore. Entrambi i sogni sono naufragati. Ero un giocatore di fantasia, con una buona comprensione del gioco e calciavo bene con entrambi i piedi, il mio riferimento era Gianni Rivera, uno che aveva una tale capacità di leggere la partita che sembrava che avesse visto quattro giorni prima la partita che stava giocando: il suo più grande limite era quello di essere… italiano ma è stato uno dei più forti giocatori mondiali di sempre”.
PALERMO, TITOLO SPORTIVO A RISCHIO?
Bruno Tedino, allenatore del Palermo primo in classifica, si racconta in una bella intervista rilasciata alla trasmissione tv “Casa Minutella”, condotta da Massimo Minutella. Una lunga intervista in cui il tecnico svela tanti piccoli segreti della sua vita, non soltanto sportiva. E dove c’è spazio anche per il grande humor, come ad esempio quando risponde alla “provocazione” di essere un… diversamente magro. “Quando sono nato ero 64 centimetri, lunghissimo: si pensava che sarei diventato alto due metri e invece sono arrivato solo a un metro e 80: quindi non sono sovrappeso, sono solo sotto altezza. Comunque non mangio molto, non bevo alcolici e non mangio latticini”.
TONY SPERANDEO: “COLPA DI ZAMPARINI MA…”
TIFO: “Fino agli anni ’90 tifavo Torino con moderazione, era la squadra del popolo, negli anni ’70 era l’unica vera antagonista della Juventus. Mio padre invece è un grande tifoso del Torino: dopo la tragedia di Superga del ’49 portò il lutto al braccio per un mese. Ma se dovessimo giocare in serie A Palermo – Torino lui tiferebbe per me, per il Palermo”.
FAMIGLIA: “Mio padre 85 anni, mia madre 81, mi hanno insegnato a vivere. Mia madre scelse il nome Bruno in onore di un suo fratello più piccolo, che si chiamava Bruno, e per il quale lei aveva un debole. Fossi nato femmina mi sarei chiamato Rita. Mio padre, carabiniere come lo zio e il nonno, era anche un buon atleta. Siamo cresciuti tra molti traslochi e poche amicizie, dovevi “annusare” la strada, eri sempre nuovo in un posto, questo ha temprato le virtù. Mia moglie si chiama Sabrina, stiamo insieme da 23 anni, abbiamo due figli: una femmina di 22 anni che tifa Palermo da dieci e un maschio di 14 che gioca a calcio nelle giovanili del Pordenone: secondo me è bravo ma non interferisco mai, lascio fare ai tecnici della società”.
INCONTRI: “Con mia moglie ci siamo conosciuti in un locale di ristorazione gestito da lei. Poi successe un fatto incredibile: senza saperlo andai ad abitare nel suo stesso palazzo, al piano di sopra: un giorno mi affaccio dal terrazzo, la vedo e le dico “che ci fai qui?”, lei mi rispose “Ci abito, e tu?” e io risposi la stessa cosa… Con Zamparini ci siamo visti per la prima volta a casa sua, mi aveva chiamato al telefono per dirmi che voleva fare una chiacchierata con me perché aveva visto Pordenone – Parma (persa ai rigori ndr) ed era rimasto ben impressionato. All’inizio pensai a uno scherzo. Parlammo per due ore davanti a un caffè, gli ho spiegato come intendevo il calcio: gli porto riconoscenza perché in fondo ha assunto un signor nessuno”.
LAVORO: “Non mi piaceva fare il carabiniere, ho interrotto una lunga tradizione di famiglia. Ho studiato ragioneria cercando di fare l’impiegato ma non ci sono riuscito: dentro quattro mura non so stare. Poi è cominciata la mia carriera da allenatore nelle giovanili del San Donà. Ho fatto il militare negli Alpini, fuciliere saltatore, “raccomandato” da mio padre”.
SANTA ROSALIA: “Non ho fatto ancora visita al santuario, è una cosa messa in stand by per un’occasione importante. Sono cattolico, prego molto anche se so che qualcosa… la devo rivedere. Credo che la frase “ama il prossimo tuo come te stesso” sia una delle più belle frasi che abbia mai sentito. La città è bella, conosco il centro ma per la verità ho girato ancora poco perché sono molto dedicato al Palermo”.
DISCIPLINA: “L’educazione sportiva è la cosa più importante. Nello spogliatoio è normale che ogni tanto si rida ma ci deve essere grande rispetto per tutti quelli che fanno parte del gruppo. Ogni tanto mi dicono che sono un rompiscatole… In uno spogliatoio dove ci sono giocatori di tante nazionalità la lingua universale dovrebbe essere il gioco, credo che i princìpi siamo molto importanti. E comunque quasi tutti parlano abbastanza bene l’italiano e così il lavoro viene facilitato”.
SVAGHI: “Per ora leggo un po’ di meno per ragioni di tempo, per ora sto leggendo un libro di Carlo Verdone che poi è il mio mito. Conosco tutti i suoi film per averli visti un miliardo di volte, con mio figlio conosciamo a memoria le battute celebri. Musica? Direi Phil Collins e ovviamente i Genesis, tra gli italiani gli Stadio e tutti i cantautori”.
PROMESSA: “Per fare crescere i giovani ci vuole molta pazienza, un lavoro in profondità. Le rivelo una cosa: abbiamo intenzione di fare aggregare al gruppo alcuni giovani della Primavera perchè abbiamo l’ambizione di portarli in prima squadra”.
contratto a vita a una persona cosi – spero, personalmente, che rimane il più lungo possibile, è un “concentrato” di “stili” di tanti allenatori che sono passati da palermo e hanno fatto bene in un’allenatore solamente