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Pastore: “Momenti emozionanti, a Palermo ho vissuto due anni stupendi”

Sono stato qui per l’inaugurazione, una bellissima giornata. Sto vedendo crescere un Palermo diverso rispetto a quello che ho vissuto io. Oggi mi fa tanto piacere vedere un Palermo così, con un centro sportivo dotato di una sala da pranzo, una palestra ma anche di un posto come Torretta Café. Quando mi allenavo io a Boccadifalco ed era una cosa completamente diversa”.

Sono le sensazioni del “Flaco” Pastore, intervistato in esclusiva su “Torretta Café”: nuovo talk show prodotto interamente dal Palermo FC. L’ex attaccante, ormai prossimo al ritiro, è tornato con la mente al passato. “Ho rivisto vecchi compagni di squadra all’inaugurazione, di alcuni non avevo notizie. Stare insieme e ricordare i momenti vissuti è stato bellissimo. Siamo stati insieme due giorni, gli altri hanno giocato anche a calcetto ma io ancora non potevo perché mi ero appena operato all’anca”.

Momenti emozionanti, ho vissuto due anni stupendi qui a Palermo. Ormai sono sposato, un padre: quando sono arrivato a Palermo ero un bambino. Mi ha fatto piacere vedere Migliaccio, quando sono arrivato a Palermo mi ha aiutato tanto. Volendo o meno mi ha trasmesso tante cose. Sento Balzaretti, Migliaccio, Liverani. Con Miccoli ogni tanto scambiamo messaggi. Anche Hernandez, Santi Garcia, Munoz, Bertolo e Cavani”.


Pastore ha raccontato la sua infanzia. “Da bambino non stavo mai fermo, volevo stare sempre in giro con i miei amici per giocare a calcio. Non uscivo di casa se non avevo un pallone nello zaino. A scuola mi portavo un pallone, andavo a calcio e mi portavo un pallone. Uscivo fuori a giocare nel quartiere e mi portavo un pallone. Nella mia vita ho sempre corso dietro a un pallone. Oggi ci sono molte più distrazioni, si pensa più alle cose tecnologiche come giocare alla play o al telefono”.

Poi, il ricordo della mamma. “Tante volte ho detto grazie a mia mamma. Mi emoziona parlare di lei, perché lei è stata sempre con me. È rimasta in sedia a rotelle quando io avevo 4 anni e quattro anni dopo ha cominciato a uscire di casa per portarmi a calcio. Ha fatto quello sforzo anche se non era in condizione per uscire di casa. Lei ha capito che il calcio era la mia vita e ha fatto tantissimi sforzi che un’altra mamma in quel momento non avrebbe potuto fare”.

E l’arrivo a Palermo. “Il giorno che sono arrivato ho subito giocato un’amichevole contro una squadra austriaca. Una volta sceso dalla macchina con Sabatini e il mio procuratore si è avvicinato Zamparini che mi ha proposto di giocare la partita dopo aver fatto un viaggio di 14 ore da Buenos Aires a Milano. Non avevo neanche le scarpe, il Presidente allora mi ha accompagnato in un centro commerciale lì vicino. Mi ha detto prendi tutto quello che vuoi, ho preso un paio di scarpe da calcio, i parastinchi e basta. Una volta tornati alla partita il magazziniere Pasquale mi ha dato il materiale per giocare. Zamparini ha detto al mister che sarei dovuto entrare nel secondo tempo. Il mister non capiva. Ho giocato una ventina di minuti e ho subito fatto un sombrero. Ho fatto un tunnel, poi un passaggio lungo a Miccoli che ha fermato la palla di petto e fatto gol. Zamparini si mise a piangere in tribuna, era innamorato delle mie giocate”.

Zamparini e Sabatini mi hanno convinto entrambi ad accettare il Palermo. Sono stati molto presenti nei miei ultimi tre mesi trascorsi in Argentina. Sabatini faceva venire Luca Cattani, stavano ogni giorno con me in Argentina ma non mi dicevano che erano del Palermo. Erano persone che mi guardavano, venivano a pranzo e a cena con me ma non mi dicevano niente. Mi chiedevo chi fossero questi personaggi, alla fine del campionato il mio procuratore mi presentò le varie opzioni dicendomi che queste persone che erano state con me erano del Palermo. Volevano vedere come mi comportavo, non mi dissero niente per farmi essere me stesso. C’erano Chelsea, Milan, Porto come altre opzioni rispetto al Palermo. A quel punto è entrata di nuovo in gioco la mia famiglia. Parlando con i miei abbiamo deciso che la migliore opzione per fare il primo passo in Europa era il Palermo. Grazie a Dio non mi sono sbagliato, da lì è cominciata un’avventura magnifica”.

Vi racconto un aneddoto. La mia famiglia e il mio procuratore sono venuti a Palermo perla prima partita contro il Milan. Erano tutti nervosi, mi dicevano che giocavo contro campioni come Pirlo e Gattuso. Io dicevo di sentirmi in modo normale e che avrei sicuramente fatto sicuro almeno un tunnel ad entrambi. Per me erano due idoli, in quel momento avevo 19 anni e pensavo a fare i tunnel. Tutti mi volevano ammazzare, in quella partita con i primi tre palloni toccati ho fatto un primo tunnel a Gattuso e dopo un tunnel a Pirlo. Quello che mi mettevo in testa mi riusciva, in allenamento facevo tanti scherzi… contavo i tunnel, facevo scommesse”.

Cavani? Un grande professionista. Ancora oggi presta attenzione al suo corpo, cura l’alimentazione. È un guerriero, dà la vita per la squadra. A Palermo era anche lui giovanissimo, a Parigi arrivava dopo il percorso al Napoli. Lui è sempre incentrato sul lavoro di squadra e sul fare bene. Messi? Si può dire poco di lui, ho avuto a fortuna di giocare con tutti questi giocatori ma soprattutto con lui. Il miglior giocatore di sempre. Io ho 35 anni, Maradona non l’ho visto giocare ma l’ho avuto come allenatore. Ho avuto la fortuna di vivere Maradona e Messi nello stesso spogliatoio. Incredibile, una cosa unica”.

Infine, il numero di maglia e la finale di Coppa Italia. “In Huracan ho giocato con la 16, è andata benissimo. A Palermo questo numero era occupato, c’erano poche maglie disponibili. Mi hanno proposto la numero 6 e ho accettato. Indossata non mi stava bene, giocavo in zona offensiva con la 6. L’anno dopo ho scelto il 27 perché era il numero preferito di mia mamma. Solo una volta a Parigi ho indossato la maglia numero 10 per un anno. Tanti ricordi, abbiamo giocato contro squadre come Roma e Milan. Abbiamo eliminato squadre forti. Non ho mai rivisto la finale contro l’Inter però resta il ricordo, tutta la mia famiglia è venuta a vedere questa partita. Quei tre giorni a Roma tutte le piazze erano rosanero. Non lo so quante persone sono rimaste fuori dallo stadio, forse 10- 20milapersone. Il risultato conta sempre, ma il percorso che abbiamo fatto in Coppa Italia è stato bellissimo. Le emozioni delle persone non le leva nessuno, quell’anno è stato magico. Potevamo vincere o meno, ma il percorso è stato pazzesco”.

L’intervista integrale QUI 

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