Amarcord, la ricetta per conquistare Sandro Vanello
Ero una bambina allegra, effervescente e innamorata del Palermo. E il mio modo di fare, eclettico e irruente, attirava anche i compagni della “fila dei maschi” dei quali – non a caso – ero la “capa”. E la mia passione era contagiosa, riuscii a portare allo stadio alcune mie compagne di classe: Marilù, Angela, Patrizia… che bei ricordi!
A Palermo, in quel periodo anni ‘70, giocava il bellissimo e affascinante Sandro Vanello del quale erano innamorate un po’ tutte le femmine di ogni età, adulte, adolescenti e bambine come me. Era un centrocampista di gran classe, con un modo di giocare un po’ lento ma elegante e fu uno dei protagonisti dell’ascesa del Palermo in serie A nel lontano 1972. Tutte le volte che andavo allo stadio lo ammiravo non solo per la sua chioma al vento ma per il suo modo di giocare e più volte mi ritrovai a difenderlo quando i soliti tifosi impazienti si “rummuliavano” e lo chiamavano “atta morta”.
Un pomeriggio, tra un riassunto di italiano e un problema di aritmetica, io e l’amica del cuore Marilù decidemmo di preparare per il nostro idolo una bella torta al cioccolato e di portargliela allo stadio al termine dell’allenamento: l’obiettivo era quello di guadagnarci la sua simpatia e un bell’autografo da mostrare alle compagne. Ci mettemmo all’opera, divertendoci come matte a sbattere i tuorli d’uovo con lo zucchero, l’albume a neve e a mescolare il tutto con il cacao Drost, il migliore. Poi imburrammo la teglia e infilammo il nostro dolce al forno, pregustando la sorpresa nel bel viso di Vanello. Poi grazie alla mamma di Marilù (sante mamme!!), su una vecchia ma efficiente seicento bianca, andammo in viale del Fante per consegnare la torta al grande Sandro.
La signora Matilde ci accontentò, eccome… Litigò pure con il custode dello stadio, un signore corpulento, che ci impediva di entrare. Alla fine ritirò lui il pacco e promise, ridendo sotto i baffi, che lo avrebbe consegnato a Vanello a nome nostro. Che delusione! Tornando a casa ci chiedevamo se davvero la torta sarebbe mai arrivata fra le mani del “bel tenebroso” e soprattutto quale mai sarebbe stata la sua espressione. Meravigliata? Contenta? Il dilemma fu risolto qualche giorno dopo, in occasione di una partita di basket dell’U.S. Palermo, presso il padiglione della Fiera del Mediterraneo, a cui assisteva l’intera squadra di calcio. Non ci facemmo sfuggire l’opportunità, fra l’altro all’epoca io frequentavo quel posto perché ero iscritta al corso di minibasket, pur se con risultati non proprio brillanti, con i mitici istruttori Lucia Filippone e Felice Trupiano.
Non appena vedemmo Vanello sugli spalti ci precipitammo, tra uno spintone e l’altro, nella zona in cui era seduto il nostro beniamino e gli chiedemmo ansiose se aveva gradito il dolce fatto con le nostre mani. Per fortuna Vanello rispose di sì, ci abbracciò, ci fece un bell’autografo e, per rispondere a una domanda che da sempre mi incuriosiva, ci rivelò pure un segreto: la fascia che teneva sempre al polso quando giocava serviva a coprire un bracciale che portava sempre. Non era epoca di telefonini e di selfie ma il ricordo di quel breve momento è ugualmente bello ed è intatto nei nostri cuori.
Solo la sua simpatia ed un bell’autografo?….uhm….
bello…. grazie per la tua passione Delia
Che bel ricordo! Ora che lo hai risvegliato mi è tornato tutto in mente, anche la preparazione della torta e il litigio della vivacissima signora Matilde con il custode… e che stile narrativo brillante!
Che racconto bello e divertente! Che tenerezza le due ragazzine che preparano il dolce per il loro calciatore preferito… Sembra tutto inventato e invece no, Delia è stata sempre così, appassionata e travolgente. Grazie di cuore!
Simpatiche e dolci rimembranze…
Articolo, lieve e fresco come una rosetta appena sfornata!
Quindi alla fine in molti casi si fa bene ad aver fiducia nelle persone, la torta gli è arrivata. Brava Delia, sempre godibili i tuoi ricordi pallonari.