Amauri: “Guidolin? Un maestro. Consigliai Cavani a Foschi”
L’amore infinito per i colori rosanero tra passato e presente. Amauri Carvalho de Oliveira, ex attaccante simbolo del Palermo si è raccontato ai microfoni di Tuttomercatoweb e la sua storia non poteva che essere legata alla Sicilia.
“Sono arrivato in Italia da sconosciuto, non avevo mai fatto parte della nazionale né da selezioni giovanili – afferma -. Ho avuto i miei 2-3 anni di ambientamento per capire come funziona il calcio italiano. Al Chievo è stata la prima svolta che mi ha portato a Palermo. I due anni in Sicilia sono stati decisivi per il salto alla Juve, il sogno di tutti i calciatori. Ho acquisito quello che volevano loro e ho dato il massimo. Guidolin è stato molto importante, ma anche Pillon, Ranieri, Donadoni. Allenatori che mi hanno insegnato qualcosa e quello per me è stato molto gratificante. Tutt’ora ho rapporti con loro”.
Poi l’ex centravanti parla di un suo ex compagno di squadra Edinson Cavani: “All’epoca più forte di lui. Però posso dire che gli ho predetto una grande carriera: mentre stavo andando alla Juve gli ho detto che avrebbe preso lui le redini dell’attacco e che avrebbe fatto grandi cose. Di lui ho un aneddoto. L’ho conosciuto nel 2005 quando si presentò al Chievo, dove io giocavo, con altri due uruguayani per un provino. Dei tre lui era quello con più qualità ma alla fine fu scartato ed è rientrato in Uruguay”.
“Un anno ero a Palermo e quando mi sono infortunato al ginocchio c’era bisogno di qualcuno che mi rimpiazzasse – prosegue il racconto -. Rino Foschi venne a trovarmi e mi disse: voglio prendere un tuo sostituto e ho due nomi che sono Matusiak e Cavani. Non ci ho pensato due volte a suggerirgli Edinson. Foschi per sicurezza prese entrambi (ride, ndr). Alla sua prima uscita Cavani fa un gran gol da fuori alla Fiorentina, Foschi mi guarda e mi fa: ‘Tu devi fare il direttore sportivo’“.
Infine il capitolo rimpianti: “L’unico che ho è di non essermi fermato quando dovevo fermarmi. Alla Juve ho preso tanti fischi perché non stavo bene, stringevo i denti per giocare ma non stare bene. Dovevo fare come gli altri, stare fuori perché mi sono reso conto che è qualcosa di masochistico: oltre a stare male fisicamente la gente ti fischia e stai male moralmente. Ma per il resto ho conquistato tanti traguardi, portare ai preliminari di Champions una realtà di quartiere come il Chievo, arrivare in testa alla classifica col Palermo, giocare con la Juve, fare la Champions e arrivare in Nazionale”. E sui più forti di sempre non ha dubbi: “Ne dico due: Miccoli e Alessandro Del Piero”.
LEGGI ANCHE