Europei, il trionfo dell’Italia nel ’68: la monetina di Facchetti e il gol di Anastasi
Tre finali e una coppa: questo il bottino dell’Italia nella storia del Campionato Europeo. E l’unico successo risale al 1968, quando l’Italia ospitò la terza edizione del torneo e poi vinse in finale dopo un cammino baciato anche dalla fortuna, quasi fosse scritta nel destino (a cominciare dalla semifinale contro l’URSS, ferma sullo 0 a 0 e che per questo costrinse al lancio della moneta).
Da allora, l’Italia ci ha riprovato nel 1988 all’Europeo di Germania Ovest, raggiungendo le semifinali, ci è andata vicino nel 2000 e nel 2012, cedendo però il primo gradino del podio a Francia e Spagna.
IL TRIONFO AZZURRO DEL 1968
Il cammino dell’Italia a Italia ’68 comincia nel novembre 1966, con la prima gara valida per le qualificazioni. Le vittorie contro Romania, Cipro e Svizzera valgono la qualificazione. Queste le otto squadre che si qualificarono al campionato: Italia, Bulgaria, Ungheria, URSS, Inghilterra, Spagna, Francia e Jugoslavia.
Le trappe del successo furono Roma e Napoli, due dei tre stadi di Italia ’68. Il terzo era l’Artemio Franchi di Firenze. Al San Paolo, l’Italia sconfigge la Bulgaria ai quarti e attende l’arrivo della vincitrice fra URSS e Ungheria. Il 5 giugno a Napoli si presentano i sovietici, reduci dalla vittoria contro i magiari. A Firenze si gioca l’altra semifinale, Jugoslavia – Inghilterra.
Al San Paolo c’è vento e pioggia, Italia e URSS si affrontano senza mai riuscire a farsi male: 0 a 0 ai supplementari, l’arbitro convoca i capitani negli spogliatoi. La finalista si deve decidere a testa o croce. Pochi minuti dopo Giacinto Facchetti fa il suo ingresso trionfale in campo. La sorte ha deciso: in finale ci va l’Italia. Una prima rivincita dopo un ciclo fallimentare durato più di 10 anni.
Solo due anni prima, al mondiale d’Inghilterra gli Azzurri guidati da Edmondo Fabbri non riuscirono a rimontare l’1 a 0 contro la Corea del Nord, venendo eliminati al primo turno. Mentre l’Inghilterra costruiva partita dopo partita il suo trionfo – l’unico della sua storia – all’Aeroporto Cristoforo Colombo di Genova circa seicento tifosi lanciarono pomodori e uova marce contro tutto il team azzurro. Era il 24 luglio 1966.
Due giorni dopo la vittoria contro i sovietici, l’Italia affronta la Jugoslavia nella finale di Roma. La partita dell’8 giugno finisce in parità. Il triplice fischio dell’arbitro decide che è tutto da rifare, questo è il regolamento. Il 10 giugno si disputa la finale numero 2. E il replay dice bene agli azzurri che salgono sul tetto d’Europa con i gol di Riva e Anastasi: da una parte “Rombo di Tuono” (l’uomo che stava scrivendo a suon di gol la leggenda del grande Cagliari); dall’altra Pietruzzo, la stella del Sud, che in quelle due finali, a 20 anni, giocò le sue prime due partite in Nazionale. Anche in questo caso due reti probabilmente scritte nel destino.
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