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Funerali di Schillaci, il testo integrale dell’omelia: “Grazie Totò, riposa in pace. Amen”

Carissimi fratelli e sorelle,

Carissimi familiari, parenti e amici,

Gentili Autorità, rappresentanti della FIGC e del calcio nazionale e locale, il saluto che noi diamo al nostro fratello Totò che ha lasciato questo mondo, che ha lasciato sua moglie Barbara, i suoi figli Mattia, Jessica e Nicole, il suo papà, la sua famiglia, che ha lasciato prematuramente e improvvisamente la vita ha un intendimento particolare, quello di presentarla al Signore perché la accolga nella sua eterna pace, nella sua eterna vita. La vita eterna è questa: prendere parte al modo di essere di Dio, al modo di vivere di Dio ed inebriarsi di questo per sempre. Chi entra nella vita eterna abbandona i ritmi del tempo ed entra nella vita di Dio. Nella prima lettura abbiamo ascoltato che le anime dei giusti sono nelle mani di Dio, nessun tormento le toccherà, e nel libro dell’Apocalisse si dice che Dio «asciugherà ogni lacrima dai loro occhi e non vi sarà più la morte né lutto né lamento né affanno, perché le cose di prima sono passate…io sarò suo Dio ed egli sarà mio figlio» (21, 4.7). Questo avverrà perché in Dio c’è la purezza dell’essere, la purezza della vita, la purezza dell’amore. Noi facciamo come una specie di balzo: dall’oscurità alla luce, da ciò che sembra misero, inerte, ed in effetti lo è perché tutto è finito, all’assolutezza della purezza di Dio. Il fine verso cui noi tendiamo passa attraverso la nostra storia, piena di tantissime gioie e dolori. Così è il nostro mondo.


Ma una possibilità per superare la nostra finitezza è proprio il Cristo che muore e che risorge. È il Cristo che davanti al sepolcro di Lazzaro si commuove e soffre con coloro che soffrono ma è il Cristo che è in grado di dire: Io sono la risurrezione e la vita, chi crede in me anche se muore vivrà, e con questa sua dichiarazione si pone in mezzo a noi come quella esplosione che vince ogni inerzia, come quella esplosione di amore che vince ogni forza e potenza di amore, e Totò era un credente, e la fede professata nella vita è la via per la salvezza eterna. Seppur schiacciato dalla sofferenza e dalla malattia, ora Totò vive. Sì, vive. Credere in Cristo Risorto in questa situazione in cui c’è la morte e il dolore significa legarsi a lui, sperare in lui, lasciarsi confortare e orientarsi verso la luce. Questa è la nostra meta e ci ritroveremo insieme al Signore Risorto, il vivente glorioso. Per cui a noi spetta alimentare la nostra vita con il cuore pieno di speranza per rinascere in Cristo.

Ed ecco, il nostro fratello Totò è rinato. È nato veramente quando ha chiuso gli occhi alla vita di questo mondo, perché questa seconda nascita è il rinascere in Cristo che muore e risorge, è entrare nella modalità di essere del Cristo risorto. Per cui oggi è festa per il nostro fratello Totò perché è il giorno della nascita nuova nel mistero di Dio, nel mistero dell’eterno, mistero di luce, mistero di amore che non si estinguerà mai. E in questo sentirci ancora amati da lui, voi suoi cari familiari ricordate Totò per tutte le volte che lui è stato luce per voi. Luce nei consigli, negli sguardi, nelle attenzioni, nelle esortazioni a vivere i valori veri della vita, i valori cristiani della lealtà, umiltà, carità verso ciascuno e verso il prossimo. Ricordate la luce che vi ha trasmesso, anche attraverso i suoi occhi vivi ed eloquenti, amandovi come figlio, marito, papà, fratello, familiare, parente, amico. Ma in tanti oggi sono qui per ricordarlo come il calciatore delle notti magiche, perché ha fatto sognare l’Italia. In questi giorni tanti i messaggi, tanti i pensieri, tante le parole, tanto l’affetto dimostrato da parte del mondo del calcio e dello sport, delle istituzioni e del popolo; è stato un coro unanime di dispiacere, dolore, lacrime, ricordi, che attestano le qualità umane e professionali di un talento, di un fuoriclasse, di un grande della storia umana e calcistica che nasce e muore qui a Palermo, tra gente comune, e vive e si distingue nella scena internazionale, anzi mondiale, come campione prodigioso, una leggenda del calcio.

Il nostro Arcivescovo, mons. Corrado Lorefice, che sarà in mezzo a noi al termine della celebrazione per un suo saluto e per la benedizione della salma, ha scritto, appresa la notizia della morte di Totò, in un suo messaggio: “Con la morte di Totò Schillaci Palermo perde un simbolo di riscatto. Un ragazzo di umili origini che riesce a farsi strada nonostante gli ostacoli e le tante ostilità incontrate lungo il suo cammino, fino a diventare una vera e propria icona dello sport nazionale”. L’arcivescovo così descrive Totò e continuiamo a chiederci: chi è Totò, chi era Totò. Tutti lo sappiamo e riconosciamo. Totò è stato prima di tutto un battezzato, un uomo, un figlio, un fratello, un padre, un marito, un lavoratore, un amico, e da sempre un calciatore, fin da bambino. Totò rappresenta la favola, ha realizzato nella sua vita la favola, senza mai cambiare pelle, rimanendo sempre lo stesso, con l’animo gentile, generoso ed umile di sempre, col cuore grande e la testa sulle spalle di sempre. Ma come l’ha realizzata? Da persona seria e perbene. Non certo rimanendo a guardare o ad aspettare inerme ma guadagnandosela col sudore, il sacrificio, l’impegno, la dedizione, a testa bassa, come fanno i grandi eroi, senza mai chiedere o pensare che sia dovuto. La favola si realizza non attraverso followers e visibilità del momento, ma lavorando in silenzio, con umiltà, credendoci, come ha fatto lui.

Un eroe del pallone, un eroe della vita, un eroe del riscatto, un eroe che parte dal basso, da un quartiere di borgata, dove per farti spazio devi faticare, devi fare una scelta, sì, una scelta tra la via dei soldi facili e disonesti e la via del lavoro e il sacrificio, la via dell’onestà. Il successo e la fama sono tali se si nutrono di valori come l’ha incarnati lui. L’immagine della Sicilia e della nostra Palermo è proprio questa,fatta di tante donne e tanti uomini che vogliono riscattarsi dalla condizione di miseria e spesso degrado a forza di sacrificio e lavoro, dimostrando a se stessi e agli altri di potercela fare, di poter cambiare un destino, per molti già segnato. Era qualcosa di impensabile il sogno di Totò. Lui ci ha creduto con tutte le sue forze, ostinatamente, andando controcorrente, pronto a tutto, superando ogni ostacolo, ogni avversità, anche contro il parere dei medici che all’età di 13 anni gli diagnosticarono un problema al ginocchio che gli avrebbe impedito di giocare. Con lucida follia Totò non si arrende, vuole mordere la vita, vuole riuscire a correre i veri campi di calcio, non quelli della strada o della parrocchia ma quelli importanti, non per vanagloria ma per passione.

Totò è il volto bello di Palermo, di Palermo che non molla. Totò per noi palermitani e noi siciliani è un simbolo, come lo sono stati altri uomini nella storia in altri ambiti, perché è riuscito con le sue sole forze a mostrare il volto vero, impregnato di valori, della nostra Sicilia, della nostra bella Palermo. Un figlio di questa terra che non ha mai tradito le sue origini, non si è mai vergognato dei lavori svolti sempre con dignità, anzi ne ha sempre parlato come passaggi fondamentali della sua vita che gli hanno permesso di costruirsi una corazza e pertanto lo hanno reso forte e invincibile. Ha fatto conoscere al mondo, con la semplicità del suo essere, il cammino fatto di sacrifici che lo ha reso la persona che era, il calciatore popolare tanto amato e da tutti unanimemente considerato il nostro Maradona dal piede d’oro. Totò ha portato nel mondo sportivo, ancor prima dei successi e delle medaglie, l’agonismo, frutto dell’impegno personale, e la testimonianza delle potenzialità educative dello sport. E nella sua scuola calcio è stato esempio di generosità verso quei ragazzi che non potendo acquistarsi le scarpette per giocare, era pronto a comprargliele lui.

Totò insieme a tanti altri eroi, conosciuti e non, rappresentano il volto onesto, pulito e sognatore di una terra che troppo spesso è associata a personaggi della malavita, ma Palermo non è solo malavita, c’è tanto bene, tanta gente onesta, e oggi, ancora una volta, possiamo sfatare questa etichetta grazie a te Totò, grazie al tuo coraggio, alla tua determinazione, alla tua voglia di farcela, al tuo tocco magico. Grazie perché da lassù continuerai a guardare alla tua Palermo e continuerai ad ispirare tanti giovani di oggi e di domani a seguire il tuo esempio per aderire alla via del bene, a seguire i sogni che possono diventare realtà, a vivere ancora notti magiche di amore e di bene, guardando a quella porta alla quale indirizzare il pallone e l’essenza della vita, facendo tesoro di quanto Totò ci ha trasmesso, per continuare a vivere, come da lui fatto, i valori dello sport e della maturità umana, attenendosi ai confini del campo della vita, oltre i quali nella vita non si può andare oltre. Le regole del calcio, come di ogni altro sport, ci insegnano a saper vincere e a saper perdere. Imparare questo e attuarlo nella vita è il miglior insegnamento di vita che oggi Totò vuole consegnare a tutti noi perché nella sua scuola calcio ha continuato ad educare attraverso lo sport. Ha certamente insegnato che la vera forza di uno sportivo, di una persona autentica e matura non è quella di sentirsi invincibili ma la capacità di rialzarsi.

Papa Francesco a tal proposito, parlando alla delegazione della Federcalcio e della Lega della serie A ha detto: «Lo sport contiene in sé una forte valenza educativa, per la crescita della persona: crescita personale, nell’armonia di corpo e di spirito, e crescita sociale, nella solidarietà, nella lealtà, nel rispetto. Che il calcio possa sempre sviluppare questa potenzialità!» (2 maggio 2014). Caro Totò, è vero, non hai vinto la tua ultima partita con la vita, la tua battaglia con la malattia, anche se vissuta con dignità e a testa alta, ma hai vinto sul campo dell’eternità perché sei e resterai sempre il nostro mito calcistico, il nostro Totò Schillaci, il nostro grande campione di calcio e di vita. Sei un pezzo di noi, della nostra infanzia, della nostra gioventù, ci hai fatto sognare e sorridere. E quando noi portiamo un sorriso agli altri ci conquistiamo il Paradiso. E tu, con la tua generosità di cuore, umiltà nello spirito e dignitosa sofferenza nel corpo, te lo sei di sicuro conquistato. Sinora, caro Totò avevi giocato soltanto il primo tempo della tua vita, breve, quasi da tempi supplementari, di 59 anni.

E se è vero che non hai segnato il gol della vittoria su questa terra per liberarti dalla malattia, nel secondo tempo, che è durato un istante, quello della morte, nel fischio finale, come deve essere per ogni credente, lì hai giocato la partita più bella tua vita, hai fatto il passaggio più bello della tua vita, un passaggio non con giocatori altrettanto bravi come te, ma con il numero 1, Gesù, e hai realizzato il passaggio alla vita eterna e ti sei ritrovato davanti ad una porta, ma non come quella di un campo di calcio di serie A, ma ti sei trovato davanti una porta senza traversa, una porta senza pali, una porta senza rete, ti sei ritrovato davanti la Porta della misericordia, la porta dell’amore, la porta della bontà del Padre che, da vero arbitro giusto e inappellabile, ti ha convocato per la partita del cuore, per la partita che non avrà mai fine, che ti ha fatto entrare nella squadra più bella del mondo, che si chiama Paradiso. E se alla fine della vita tutti ne vogliamo far parte, impegniamoci a vivere, come dice Papa Francesco, «la gioia del Vangelo [che] riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù» (Evangelii gaudium, 1), impegniamoci a vivere i valori della fraternità, dell’accoglienza, della generosità, della verità, della giustizia, dell’amore e della pace. “Quelli che amiamo, ma che abbiamo perduto, non sono più dove erano, ma sono sempre dovunque noi siamo.” dice S. Agostino. Sarai sempre con noi, nelle nostre strade, nelle strade del tuo quartiere, il CEP, che mai hai dimenticato, nei nostri stadi. Grazie amico e fratello di tutti, grazie Totò, riposa in pace. Amen.

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