Genoa, Izzo si racconta: “Sono ignorante ma non mi vergogno”
Infanzia dura, durissima per Armando Izzo. E adesso l’accusa di avere avuto a che fare con la camorra e scommesse calcistiche. “Ignorante“, ecco il soprannome che gli veniva dato nelle intercettazioni. “Sono ignorante ma non mi vergogno“, afferma il difensore del Genoa. “Sono nato a Scampia – racconta a La Gazzetta dello Sport – . Mio padre lavorava anche 18 ore al giorno per garantirci una vita quasi normale, poi una leucemia fulminante se lo è portato via in due mesi. Sono diventato il capofamiglia, altro che studiare. Senza lo stipendio di mio padre siamo caduti in miseria, per mesi la mia cena è stata latte e pane duro. Senza due miracoli saremmo finiti in mano alla camorra“. I primi passi nel mondo del calcio: “Col pallone ci sapevo fare – continua -, a 14 anni passai dalla squadra di Scampia al Napoli. Mia madre ha sognato mio padre che la tranquillizzava dicendole che sarei diventato calciatore. Non è stato facile, in estate facevo dei tornei di quartieri dove girano parecchi soldi. Partecipavano calciatori veri, anche campioni, si faceva finta di non sapere che in mezzo c’è certa gente. La promessa fatta a mio padre mi dava la forza. A 16 anni il Napoli mi dava 500 euro al mese, più l’aiuto del mio procuratore Paolo Palermo. Divento capitano della Primavera, quando Mazzarri mi porta in ritiro e vede che corro con scarpe di tre misure più grandi chiama il massaggiatore, gli dà dei soldi e mi accompagna in paese per scegliere quelle che preferivo. Tutto il resto è frutto di sudore e sacrifici“.
Adesso un’accusa dalla quale Izzo si difende, in attesa del processo: “C‘è in ballo la mia vita e quella della mia famiglia – ammette – . Il ct Ventura, all’ultimo stage, mi ha detto: ‘Armando se non stai sereno poi si vede in campo. Per noi sei importante: siamo convinti che ne uscirai pulito’. Belle parole, ma starò sereno quando i giudici diranno che non ho fatto nulla. Così posso tornare ad essere un ignorante onesto, ma mio padre lo sa già“.