Iccarense, il “talent” di Rosario e Omar Amato all’Agliastrelli
Non si esagera chiamandolo “piccolo Universo”. C’è tutto nell’Iccarense di Carini guidata da Rosario e Omar Amato, padre e figlio, con un passato, un presente e un futuro nel calcio. A loro il compito di formare i talenti siciliani nel “pianeta” Agliastrelli (campo della città) in cui ogni giorno bambine e bambini rincorrono un pallone attirando gli occhi delle società big, sperando anche nella galassia City…
Prima squadra, Allievi, Giovanissimi, Femminili (calcio a 5, Serie C), categorie dedicate a disabili e ragazzi indigenti. Non è solo un passatempo, insomma: all’Agliastrelli ci si allena veramente. Anche sulla terra battuta e durante la pioggia, passi necessari per diventare calciatori di domani. “Le mamme di oggi, purtroppo, appena vedono il bambino con un ginocchio sbucciato si allarmano – dice Rosario -. Invece quello che manca in Italia è il sacrificio: i ragazzi giocano nella moquette. Il campo in terra battuta è espressione vera dello sport genuino e dilettantistico”.
È già successo a Filippo Tolomello di toccare le stelle: palermitano addestrato nella polisportiva, poi scelto dall’Under 19 del Milan e ora al Monterosi in Serie C per la giusta gavetta (due reti). Vent’anni e l’emozione di vivere un sogno. “Lo diedi al Trapani. Ma non solo lui, altri giovanissimi ora sono in D e alcuni al Palermo”, dice Rosario che ha iniziato come molti del suo tempo per strada, calciando i palloni e tornando poi a casa con viso sporco e qualche ferita, i trofei del tempo.
A 13 anni Rosario Amato finse di essere più grande per giocare in terza categoria. “Ero più formato degli altri ragazzini e il trucco riuscì”. Così, ecco le giovanili nel Tommaso Natale del presidente Carollo, formazione allenata da De Luca e l’approdo al Paternò ad appena 17 anni. Prestazioni che gli consentirono di arrivare prima alla Massiminiana di Catania in D con Valsecchi – ex portiere rosanero nel dopoguerra – e due anni dopo al Trapani: in granata 4 anni indimenticabili e quel tentativo al Palermo di Veneranda che però non diede i frutti sperati.
Il figlio Omar, invece, è uno stacanovista. Ha fatto suoi i valori del papà e si occupa di tutto, con cura minuziosa nei particolari: tirare linee (guai siano storte!), memorizzare schemi di gioco, educare giovani e organizzare trasferte. Senza però dimenticare di pulire i servizi e soprattutto… scendere in campo.
Precisiamo: disegnare il terreno di gioco con minuzia è un lavoro specifico dove serve competenza. Non può farlo chiunque. Nella crescita sportiva di Omar, fondamentale il passato a Brescia e, prima, la parentesi di 4 anni nelle giovanili rosanero di Biagini. “Alvaro lo ha voluto e Omar ha ricambiato diventando leader di quel gruppo”. Un metronomo dai piedi buonissimi, dicevano: lui tirava e Rosario parava. Quasi una fiaba. Nell’82 arriva il progetto Iccarense di papà: un’associazione calcistica a Carini che punta sul settore giovanile. “Mio figlio lavora duramente tutti i giorni. Abbiamo una squadra di Promozione e cerchiamo di renderla il più fruibile possibile. Dopo aver girato un po’ il calcio fino alla C2 ad Acireale si è stancato e io pressavo affinché mi desse una mano nella scuola calcio”.
Detto fatto. “Ha 39 anni e se lo vedessero giocare, lo prenderebbero subito in ben altre categorie. Fa la differenza in Promozione, allena e gioca. Di mattina segna il campo, tira le reti e sistema tutto. Poi mangia qualcosina e alle 14 prepara la squadra. Infine, si mette pure a giocare. Quando c’è, i risultati arrivano. Certo se si fa espellere… (ride). Ci prendiamo soddisfazioni”.
Il resto è storia. “Abbiamo vinto il bando per il campo Agliastrelli e investito insieme ad amici, lo abbiamo rifatto totalmente. Mio figlio da tecnico ha vinto cinque campionati di seguito portando la squadra in Promozione. Quest’anno pensiamo a salvarci”. Quando la scuola calcio diventa scuola di vita. Il Palermo-City deve prendere nota? “Farò presente se per il futuro ci sarà qualcosa di buono – scherza Rosario -. Col Palermo la connessione c’è sempre stata, lì ne ho portati una decina. E il City è una grande realtà che potrebbe rappresentare il futuro”.
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