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Montesano, la fantasia che non c’è più. “Il Palermo? Può salvarsi. Ma Zamparini…”

Un’intervista un po’ particolare, se non altro perché viene fatta da una tifosa appassionata. Un’intervista confidenziale perché non può essere che così, quando incontri un calciatore come Montesano che ha acceso la tua fantasia e la la tua passione oltre trent’anni fa e che ancora oggi ha conservato un forte rapporto con la città di Palermo e con la sua gente.

  • Hai giocato nel Palermo dal 1979 al 1984, ti ammiravamo soprattutto per i dribbling e le finte che ubriacavano gli avversari. Per questo ti chiamavano il “brasiliano” e si narra che per allenarti dribblavi il tuo pastore tedesco nella villa che ti ospitava a Partanna Mondello. Parlami dei tuoi ricordi…

E’ vero, mi allenavo con il mio pastore tedesco, di nome Devil, che mi fu regalato da un amico di Pallavicino. Devil visse con noi per dieci anni e ci ha seguito in tutte le città dove ho giocato. Naturalmente, avendo quattro zampe mi superava sempre e proprio per questo era un ottimo compagno di allenamento. Questo cane, fra l’altro, aveva preso di mira il mio compagno di squadra Andrea Conte che, perfino per riporre fuori l’immondizia, era costretto a chiamare me o mia moglie Giovanna per farlo legare.

Gli incitamenti e gli applausi dei tifosi allo stadio sono ricordi indelebili, una volta fui portato in trionfo in mutande e questo episodio è immortalato in una bella foto in bianco e nero che custodisco. Il rapporto con i tifosi allora era diverso, non c’era il distacco che c’è oggi e sorrido pensando a un tifoso pescivendolo che veniva a prendermi ogni giorno, dopo l’allenamento, con la sua “lapa”: era felice di farlo e pure io ero contento nonostante il cattivo odore…


  • Zico, tuo compagno nell’Udinese, stagione 1984-1985, disse che non aveva mai visto al mondo un giocatore dribblare come te, mentre il fortissimo difensore Pietro Wierchowod, chiamato lo Zar per fisico e personalità, diceva che eri imprendibile. Pochi giorni fa anche Ciro Ferrara, al Corriere dello Sport, ha detto che starti dietro era impossibile. Quanti complimenti…

Naturalmente fanno piacere ma non mi sono mai sentito un fenomeno, ero solo un giocatore che aveva certe caratteristiche nel Dna. Il mio modo di giocare era dovuto anche a una gamba leggermente più flessa in seguito a un intervento al ginocchio e alla struttura fisica. Ricordo una partita, Palermo – Monza 3 a 1, in cui le mie giocate furono mostrate da una tv locale con musica brasiliana. Oggi pochi calciatori riescono a divertire il pubblico, eppure il calcio dovrebbe essere spettacolo e non una partita… a scacchi.

Quando arrivai a Palermo nel 1979 ero reduce da un infortuno e il tecnico Cadè non mi faceva giocare mai, neanche le amichevoli: panchina o tribuna. La mia vita cambiò negli ultimi 15 minuti di una partita di coppa Italia, Palermo – Torino: i tifosi guardandomi esclamarono: ma chi è “ddà iaddina”? Invece feci belle giocate e presi pure una traversa. Insomma da allora fui titolare inamovibile ed entrai definitivamente nel cuore dei tifosi“.

  • Hai mai avuto rimpianti per non avere mai vestito la maglia di una grande squadra?

Proprio l’altra volta è venuto a trovarmi il presidente dell’Angera, squadra di promozione che per primo mi scoprì e mi mandò al Varese che poi mi vendette al Palermo. Mi ha ricordato di quando aveva convinto l’allora presidente del Milan Farina, suo amico, ad acquistarmi per fare i cross a Jordan, lo “squalo”. Ma la trattativa fra Gambino, presidente del Palermo, e Farina fallì per 300 milioni di lire di differenza. L’anno dopo andai all’Udinese perché l’avevo promesso a Braida, e probabilmente sbagliai: avrei fatto meglio ad andare all’Avellino, che mi voleva, perché lì avrei giocato di più. Rimasi solo un anno ad Udine, poi fui allettato da una ghiotta proposta di contratto biennale del Cagliari“.

  • Tornando alla tua esperienza a Palermo. Raccontaci qualcosa di personale: il tuo rapporto con il mare di Mondello o con il cibo tradizionale come pane e panelle, pane cà meusa, stigghiola o brioche con gelato.

A Palermo mi trovavo benissimo. Avevo un rapporto ottimo, sia con i tifosi che con i giornalisti, con i quali avevamo spesso rapporti di amicizia. Con i compagni c’era grande armonia e si facevano anche feste, ad esempio a Carnevale. Ricordo che una volta mi vestii da Robin Hood e che a quella festa c’erano anche tifosi vestiti in maschera. Non ho mai amato particolarmente la spiaggia di Mondello perché avevo bisogno di tranquillità. Io e mia moglie preferivamo andare a fare il bagno a Balestrate. Il mio piatto preferito è la pasta con le melanzane“.

  • La norma, quindi? Ma è catanese!!! Va bene, ti perdono perché piace anche a me. Parliamo del Palermo di oggi: che ne pensi di Zamparini e del suo progressivo distacco dai tifosi? 

Zamparini è un grande presidente, ha fatto tanto per questa città portandola in serie A e mantenendola per tanto tempo nella massima serie. Tuttavia non penso che abbia capito realmente il carattere dei palermitani, che non vogliono mai essere presi in giro e hanno una dignità da difendere. Ultimamente ha sbagliato atteggiamento verso i tifosi. Non penso che riuscirà a vendere la società e se lo farà mi auguro che il Palermo finisca a imprenditori italiani. Il Palermo può salvarsi, ma solo se l’allenatore comprende che si deve giocare pensando a questo obiettivo, cercando e attuando gli equilibri giusti“.

  • In ultimo qualche curiosità di Giampaolo Montesano oggi. Dove vivi e che attività svolgi? Torni spesso a Palermo?

Sono un pensionato del calcio ma gestisco anche una società, la Montesano Promotion, che si occupa di giovani calciatori. Ho un centro sportivo sul lago Maggiore e insieme ad altri allenatori mi dedico alla formazione di 130 ragazzini che spesso mando nei grandi club del Nord. In sostanza cerco di dare il mio contributo alla costruzione del futuro del calcio italiano. Oggi il 60% di giocatori che gioca nel nostro campionato è composto da stranieri. Ai miei tempi ce n’erano due per squadra ma si trattava di top player. Oggi si acquistano giocatori di vari paesi del mondo che non hanno grandi qualità, non si aspettano i nostri giovani talenti e rischiamo di non partecipare ai Mondiali… Sono convinto che dobbiamo guardare ai giovani con ottimismo e pazienza.

A Palermo sono tornato varie volte e ancora mi emoziono pensando alla calorosa accoglienza che mi riservarono i tifosi nel 2014, quando la società mi invitò allo stadio in occasione del ritorno della squadra in serie A, dopo un anno di B. Non pensavo che tanti palermitani si ricordassero ancora di me e mi sono venuti i brividi. Tornerò ancora come ho fatto in questo periodo perché ho degli amici, perché ho ricordi stupendi e perché non posso non ricambiare il grande affetto che tutti voi tifosi avete per me“.

A presto, allora, e grazie anche a nome di tutti i tifosi palermitani.

10 thoughts on “Montesano, la fantasia che non c’è più. “Il Palermo? Può salvarsi. Ma Zamparini…”

  1. Questi ricordi mi fanno venire in mente il periodo in cui andavamo allo stadio per divertirci. E ci diverdivamo. Oggi è diverso. O siamo diventati più esigenti noi, o è segno che i tempi sono cambiati. Cara Delia, bisogna rassegnarsi.

  2. Insieme a Vito Chimenti uno dei miti della nostra giovinezza. Ricordo che dribblava pure .. l’erba !! Grande Montesano! Brava anche Delia !!

  3. 1981, 1982… formidabili quegli anni. Gli anni di Veneranda e di Renna, di una serie A sfiorata e persa per un soffio, gli anni della leggendaria coppia De Rosa – Montesano, potenza ed opportunismo l’uno, genio e sregolatezza l’altro… grazie per queste emozioni e grazie per avercele fatte rivivere… e non è una Bugia

  4. Bellissima intervista che ci consegna non solo il calciatore ma anche e soprattutto l’uomo Montesano. Il ricordo di tempi migliori non deve condurre alla rassegnazione ma alla speranza e alla fiducia dei tifosi: se è già accaduto può succedere ancora. Grazie Delia di questa intervista condotta con professionalità!

  5. altri tempi, bellissimi ricordi. Ricordi di campionati che anche se di serie B ci divertivano ed emozionavano. Campionati a cui le squadre partecipavano senza speculazioni (vedi paracadute vero Zampa?) con due soli obiettivi: vincere o mantenere la categoria. Ricordo con nostalgia quei tempi. Le televisioni, gli sponsor, il paracadute hanno rovinato il calcio.

  6. Caro vecchio grande Montesano…che bei tempi quelli! Eravamo in B, ma era anche un altro calcio, sicuramente più affascinante, senza sky e senza spezzatini….ed avevamo anche 30 anni in meno….

  7. Peccato che in quegli anni io già non seguissi più il calcio, mi sarebbe piaciuto lo stile di Montesano, che emerge in modo molto nitido da questa bella e ricca intervista (soprattutto dalle domande, che non sono semplici interrogazioni, ma rapidi flash narrativi)

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