Iran, il caso di Shojaei: Mondiali a rischio per il calciatore ribelle
Calcio, religione e politica, un intreccio che in Iran ha creato un vero e proprio caso. Protagonista della storia è Masoud Shojaei Soleimani, centrocampista iraniano classe ’84 attualmente di proprietà dell’AEK Atene. L’esperto mediano è balzato al centro della cronaca per la sua momentanea esclusione al Mondiale di Russia in programma questa estate. Nessun motivo fisico o tecnico per giustificare questa tale scelta.
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Shojaei non viene più convocato in Nazionale dal ct Quieroz perché considerato un ribelle al regime governativo di Teheran. L’episodio più “grave” che ha condannato l’esperto mediano – 33 anni – all’esilio dalla selezione iraniana (dopo più di 70 partite giocate) è accaduto lo scorso agosto. Shojaei, insieme al connazionale Hajisafi, gioca nel Panonios, impegnato nei preliminari di Europa League. La squadra greca, per accedere alla fase a gironi, deve superare la doppia sfida contro il Maccabi Tel Aviv, club israeliano.
Un ostacolo quasi insormontabile dato che un iraniano non può sfidare atleti o squadre israeliane per non riconoscere automaticamente l’esistenza dello Stato d’Isreale. I due iraniani riescono a saltare la gara di andata, mossa che invece non riesce per il ritorno a causa della ritorsione del club greco, che li costringe a giocare il match visto che in ballo c’era il passaggio del turno e un premio di circa 4 – 5 milioni. I due giocano: Hajisafi si scusa su Instagram e viene reintegrato, per Shojaei invece è la goccia che fa traboccare il vaso.
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Già nel 2016 infatti il centrocampista aveva accusato il calcio iraniano di corruzione e, nel 2016, aveva proposto di far entrare le donne allo stadio per assistere ai match – pratica tutt’oggi proibita – . Azioni e frasi che stanno costando il posto in Nazionale: il governo chiede delle scuse ufficiali, lui si oppone. E il viaggio in Russia, per Shojaei, è al momento solamente un miraggio.