La scelta di Nedelcearu: il dolore di un figlio e il peso di una divisa
Caro Ionut, ormai è qualche anno che vivi e lavori in Italia e dunque spero che non avrai problemi a comprendere questo mio messaggio, sia nel contenuto che nel suo senso più intimo. E poi, in fondo, la tua lingua ha la stessa origine della mia.
Ti scrivo da figlio a figlio e da professionista a professionista, anche se in effetti sono in pensione e godo oggi del privilegio di dedicarmi alla famiglia e alle mie passioni molto più di quanto non potessi fare quando lavoravo in Ospedale. Sono stato molto colpito dalla tua decisione di onorare la professione e la maglia che indossi nonostante il fatto che fossi stato appena colpito da uno dei dolori più grandi che un uomo possa provare. La tua scelta, che eccede il semplice dovere professionale, ti ha consentito di entrare definitivamente nel cuore di noi tifosi rosanero. Del tuo gesto, stanne certo, tutti noi della grande famiglia rosanero serberemo memoria e gratitudine.
Ma c’è un aspetto che mi ha avvicinato particolarmente a te in questa dolorosa circostanza. Venerdì 1 Febbraio 2002, ore 14: un dottore tifoso inizia il proprio turno di guardia all’Ospedale Cervello. Il solito inferno fatto di ricoveri, barelle, consulenze in punti molto distanti tra loro in un ospedale troppo grande e con troppi pazienti per un medico solo. Verso le 16, il mio telefono squilla: è mio fratello che mi informa che mio padre sta male. In sottofondo il pianto disperato di mia madre. Cerco di restare freddo, nonostante le circostanze: in fondo è proprio questo che si chiede a un medico che gestisce le emergenze. Solo che questa non riguarda uno degli ottanta malati cui devo badare: riguarda mio padre.
Faccio un giro di chiamate per cercare un collega che mi possa sostituire, impresa al limite dell’impossibile all’alba dell’agognato weekend. Chiamo il 118 e organizzo il trasporto di mio padre pregando gli operatori di portarlo nel mio ospedale. Ben presto la diagnosi è fatta: infarto acuto del miocardio. Apprendo la notizia mentre un perfetto sconosciuto mi tormenta perché da due giorni non riesce ad andare di corpo. Lo manderei a cagare per davvero, se non fosse che non posso: sono un professionista, anche se angosciato.
Mio padre è trasferito in Unità Coronarica, ma io devo occuparmi di tutti gli altri. Riesco a vederlo solo verso le 19, grazie all’aiuto del collega del turno di notte che mi fa la grazia di darmi la smonta un’ora prima. Lo vedo con i fili attaccati al torace e le flebo alle braccia; lui capisce e mi sorride. Sembra stabile e mi licenzia verso le otto e mezza con argomenti inoppugnabili: “Vai a casa, sarai sfinito e io qui sono ben assistito. Servirà che ti riposi per i prossimi giorni. E poi tra poco inizia la partita del Palermo”. L’indomani mattina lo andai a trovare in ospedale e passai con lui l’intera giornata. Appena mi vide, la prima domanda fu: “Che ha fatto il Palermo ieri sera ?”. E io: “Tranquillo, papà: abbiamo vinto 2-0 a Pistoia con doppietta di La Grotteria”. E quello fu l’ultimo sorriso che vidi sul volto di mio padre che ci lasciò il giorno dopo.
Questo, caro Ionut, è il mio ricordo di quei giorni. Sono passati oltre vent’anni, ma per me è come se fossero passati solo venti minuti. Torneranno alla tua mente i ricordi di ciò che hai appena vissuto. Ripenserai per sempre al pareggio con la Spal in una giornata uggiosa, agli abbracci e al rispetto di compagni e dirigenti per aver scelto di continuare a fare la tua parte in un calcio che chi ama il calcio non ama più. Resti nel tuo cuore anche l’abbraccio di un semplice tifoso che ti può capire più di ogni altro e che, a distanza di più di vent’anni, ricorda e apprezza ancor di più il sacrificio che può costare il dover onorare sempre e in ogni circostanza la divisa che si è scelto di portare addosso e la professione che si è scelto di onorare.
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Condivido e apprezzo ciò che hai scritto, anch’io ho vissuto un momento simile .
no comment. I fatti sono fatti e le chiacchere stanno a zero. Condivido.
Grazie Vitogol per l’umanità e i bei sentimenti che riesci a trasmetterci con le tue considerazioni. Grazie davvero.