“Mi ritorni in mente”: 90° minuto, Rozzi, Tonino Carino e il grande Barbera
(gm) Pubblico volentieri, dopo averlo apprezzato, un bell’articolo amarcord di Dario Romano, che ringrazio, scritto per la pagina Us Città di Palermo History e il sito darioromano.it. Chi non c’era negli anni 70 e 80 forse farà fatica a capire il fascino di un calcio diverso, che non c’è più: ma ci sarà qualcuno, un genitore o uno zio, che potrà raccontarglielo. Magari con qualche lacrimuccia.
Sapreste riconoscere i proprietari o presidenti delle cosiddette “provinciali”? Anche i nomi non ci direbbero nulla e non ci sarebbe nulla di strano: non facciamo il tifo per loro. Ma per chi appartiene alla mia generazione una volta non era così.
La mappa mentale del calcio era costituita da volti familiari, colori ben precisi e folclore annesso, che non guastava: era il nostro circo. E così il Pisa era soprattutto Romeo Anconetani: spargimenti di sale in campo e teste volanti di allenatori e staff che Zamparini levati proprio (beh, non proprio). L’Avellino era Antonio Sibilia: una sorta di ‘Padrino’ d’aspetto e di fatto; capelli lunghi, orecchini, tatuaggi e ti menava di brutto. A Catania Angelo Massimino e gli aneddoti che si sprecano: il più celebre sull’amalgama che mancava e “allora compriamolo”.
Poi i vari Manuzzi e Lugaresi a Cesena, Luzzara a Cremona ma soprattutto lui: Costantino Rozzi. Il ‘Presidentissimo’ era l’Ascoli a tutto tondo. Basta cercare le sue foto su Google e potrete immaginarne la parabola in bianconero: i celebri calzini rossi, le esultanze in panchina, il battere i tamburi in curva. Non è un corollario: c’è tanta sostanza. Con Carletto Mazzone in panchina nel ’73-’74 arriva la Serie A: per quasi un ventennio una presenza quasi costante.
IL PALERMO HA PERSO… LE CHIAVI DI CASA
A narrarne le gesta soprattutto lui: Tonino Carino da Ascoli. Ti faceva sembrare ancora più piccola la provinciale tra le più piccole, in quello che era il vero circo mediatico del pallone: 90° minuto. Al torto arbitrale di turno sembrava un bambino che si lamentava per la sparizione della merenda: la sudditanza psicologica colpiva e aveva la mano pesante. Napoli, Genoa e Samp, Juve: altri volti da associare ai club.
Perfino noi ne abbiamo avuto uno: da Palermo per Paolo Valenti c’era Luigi Tripisciano. Ricordo che il suo tono rassicurante mi rendeva meno amara la pillola da mandare giù in caso di risultati avversi. E mentre noi stavamo incollati alla TV, questi padri padroni della pedata davano il meglio ed il peggio di sé tra dichiarazioni ad effetto ed effetti collaterali: a Pisa Anconetani nel visitare lo spogliatoio del Milan ebbe un incontro ravvicinato con Rijkaard sotto la doccia e si rese conto che l’olandese era dotato in tutti i sensi.
Capitò anche a Manuzzi: nel caricare la squadra prima del match non si rese conto che dietro aveva quel marcantonio di Sebastiano Rossi, nudo. Si gira, lo guarda nelle parti basse e dice: “che bel uzèl!” Ma dietro questi riflettori puntati addosso alla domenica c’era tanto lavoro: Rozzi era un costruttore edile e lui lo stadio l’ha realizzato per davvero.
Il Del Duca nella sua città e non solo: Avellino, Lecce, Benevento. E si poteva alimentare la passione con la materia prima: i giocatori. Provinciali sì, ma basta sfogliare l’almanacco per vedere che non erano proprio squadrette: Dirceu, Casagrande, Bierhoff, Troglio, Brady, Giordano e valli ad espugnare. E mi viene un po’ di malinconia: per la mancanza dei veri personaggi del pallone e per aver perso soltanto per qualche anno il più grande di tutti, il mio “presidentissimo” Renzo Barbera. Ero troppo piccolo per potermelo godere.
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Che bei tempi. La carrellata dei personaggi di 90°minuto è parte dei ricordi più belli di quelli della nostra età. Io ricorderei anche, da Palermo, Mario Vannini e Giovanni Campolmi, entrambi dotati di inconfondibile accento toscano duro a morire anche se vissero a Palermo per molti anni. Nel giro d’Italia del ricordo degli inviati non può mancare Luigi Necco da Napoli, sempre circondato da giovani tifosi felici e festanti. A prescindere, come avrebbe detto Totò. E poi Cesare Castellotti da Torino, detto “l’uomo senza collo”, perché il nodo della cravatta (enorme anche per quei tempi) era sempre troppo vicino alla punta del naso. Come non citare l’indecoroso riporto di Franco Strippoli da Bari che lo faceva ancor di più somigliare a un giovane Lino Banfi e l’aria da “tra cinque minuti mi vado a suicidare” di Ferruccio Gard da Verona ? Il tutto condito dalla leggerezza e dalla bonomia del grande Paolo Valenti. Allora i giocatori erano per la maggioranza “giocatori di calcio”, oggi solo atleti che tirano calci a un pallone e i veri “giocatori di calcio” sono la minoranza. Basti pensare che uno come “Bugia” Montesano giocò solo 14 partite in Serie A. Non c’erano la diretta e la Diletta, non c’erano il VAR, la due-diligence e le società di scopo. Con l’unico scopo di fare soldi o di nasconderli. O forse siamo noi che pensiamo ai nostri tempi belli; quando non avevamo la panza e il mal di schiena. Grazie per aver ridestato questi bei ricordi.
il mitico tutto il calcio minuto per minuto. Da ricordare le radiocronache di Ameri e Ciotti che si rimbalzavano la linea per descrivere azioni che valevano lo scudetto e gli interventi “irriguardosi” di Ezio Luzzi che descriveva un gol inutile in serie B 😀 😀
Un ricordo nostalgico anche per tre grandi cronisti: Beppe Viola, Marcello Giannini e Giorgio Bubba.