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Milan corsaro al Barbera, per i rosa continua il periodo “no”

Il gioco autorizza un cauto ottimismo ma non basta. I risultati “inchiodano” il Palermo, sconfitto per 2-1 al “Barbera” nella gara contro il Milan valida per la decima giornata di ritorno. Nell’uovo di Pasqua è custodita una brutta sorpresa per gli uomini di Iachini, al terzo ko consecutivo (è la prima volta che accade sotto la gestione del tecnico marchigiano) e alle prese con una crisi testimoniata dai soli due punti ottenuti nelle ultime sei giornate. Un trend da retrocessione. La fine dell’astinenza dal gol (Dybala su rigore ha realizzato la rete del momentaneo pareggio) è un dato positivo ma si tratta di una magra consolazione nell’ambito  di un’altra giornata storta. E’ stato il remake di un film già visto nelle ultime settimane. Anche oggi, infatti, sono stati soprattutto gli episodi a condannare il Palermo in una gara che, come avvenuto ad esempio contro la Juventus, è stata decisa dal lampo di un singolo. Contro i bianconeri era stato Morata a cambiare il volto del match, oggi invece il timbro lo ha messo Menez che, con una giocata di qualità amplificata da un’ingenuità difensiva di tre rosanero, ha punito i padroni di casa siglando al 37′ della ripresa il gol del definitivo 2-1. E regalando ai rossoneri (al secondo acuto di fila) tre punti importanti soprattutto dal punto di vista psicologico. Tre punti che danno nuovo slancio alla formazione di Inzaghi e che rilanciano le ambizioni rossonere in chiave Europa League. Il Milan, in crescita rispetto a qualche settimana fa, ha avuto il merito di capitalizzare le occasioni favorevoli ma, nell’economia del risultato, è stata decisiva la “complicità” del Palermo. Una squadra in grado di esprimere un buon calcio ma che ancora una volta ha dimostrato la propria inaffidabilità facendosi del male da sola con degli errori pagati puntualmente a caro prezzo. Il Palermo è ancora vivo ma è evidente che questa non è la squadra che aveva incantato per lunghi tratti del girone di andata. I rosanero non giocano con la stessa intensità di prima e in attacco faticano ad incidere per mancanza di determinazione e concretezza. Le cause di questa involuzione? Possono incidere diversi fattori. Inconsciamente i rosa hanno accusato un calo di concentrazione in prossimità del traguardo stagionale (la salvezza) e interferenze esterne (mercato, prospettive future di diversi protagonisti, cambio della fascia di capitano) probabilmente hanno disturbato la concentrazione dello spogliatoio. In relazione al match di oggi, comunque, il Palermo non merita una bocciatura per il volume di gioco prodotto. E’ altrettanto vero, però, che due punti nelle ultime sei giornate sono un bottino troppo misero che impone una riflessione. E che avrebbe potuto avere effetti nocivi se la compagine di Iachini non avesse collezionato in tempo utile gli attuali 35 punti collocandosi in una posizione di classifica abbondantemente al riparo da eventuali pericoli.
La sconfitta ha smontato il piano d’azione preparato da Iachini che ha confermato il 4-3-2-1 proposto al “Bentegodi” contro il Chievo prima della sosta. Quaison ha vinto il ballottaggio con Belotti (entrato poi nel secondo tempo) e sulla trequarti ha affiancato Vazquez a supporto di Dybala. Chiara la strategia del tecnico rosanero che, muovendosi in base allo schieramento dei rossoneri (4-3-3) e ai recuperi degli elementi reduci dagli impegni con le rispettive nazionali, ha deciso di applicare una formula che servisse a creare superiorità numerica in mezzo al campo. Nell’undici anti-Milan, inoltre, è spuntato anche il cartello “lavori in corso” in vista della prossima stagione. Lo stesso Quaison e Jajalo, preferito a Maresca in cabina di regia, sono scelte (condivise da Zamparini) che hanno una logica soprattutto in prospettiva anche se i due rosanero in questione già da diverso tempo ruotano in pianta stabile intorno all’orbita della formazione di base. Un altro tassello del Palermo 2.0 è Chochev (entrato al 7’ della ripresa) ma Iachini, ancorato comunque al presente e alla necessità di ottenere i punti che mancano alla salvezza matematica, in questo caso ha dato continuità al copione standard confermando dal primo minuto come mezzala sinistra l’ex capitano Barreto, fischiato dal pubblico e preso di mira dagli ultras nella ripresa al momento della sua sostituzione a causa di un infortunio muscolare. E il Milan? Per Inzaghi, privo di Honda (out alla vigilia per un infortunio alla caviglia) e Muntari (ormai in rotta con la società), dall’emergenza all’abbondanza il passo è breve. Il tecnico rossonero ha avuto l’imbarazzo della scelta e ha dato spazio ad un modulo a trazione anteriore con Bonaventura nella cerniera di centrocampo e il tridente offensivo formato da Cerci, Destro (già in gol a Palermo con la maglia della Roma lo scorso gennaio) e Menez, il rossonero dotato di maggiore qualità. L’unico, probabilmente, in grado di cambiare il volto della gara con una giocata. Un tratto che, sul versante rosanero, contraddistingue il profilo di Dybala e del neo-azzurro Vazquez. Nel primo tempo, il numero 9 è andato vicino al gol con una conclusione di sinistro a giro di poco a lato e al 24’, sugli sviluppi di un’azione alimentata da un’accelerazione di un ispirato Quaison, ha servito al suo “gemello” un pallone da spingere solamente in rete. Clamoroso, però, l’errore del “Mudo” che con un comodo tocco di sinistro non è riuscito ad inquadrare lo specchio della porta. Fiammate di un primo tempo che si è acceso soprattutto nella seconda parte anche in virtù degli spazi lasciati dalle due squadre, in campo con un atteggiamento propositivo. E forse non è un caso che il gol di Cerci, realizzato al 37’ grazie ad un rimpallo propiziato da un’uscita non impeccabile di Sorrentino su un rasoterra di Van Ginkel, sia arrivato nella fase più “viva” di una prima frazione di gioco all’insegna comunque dell’equilibrio.
La trama del match non è cambiata nella ripresa che, come i primi 45 minuti, si è sviluppata sul filo dell’equilibrio. In casa rosanero la novità è stata la variazione tattica di Iachini che dal 4-3-2-1 è passato al 13’ al 4-3-1-2 inserendo Belotti al posto di Quaison e ridisegnando lo scacchiere con un trequartista e due punte, formula provata spesso in settimana. L’obiettivo è quello di dare maggiore impulso al fronte offensivo sfruttando la voglia del “gallo” di lasciare il segno partendo dalle retrovie. E il numero 99 rosanero ha ripagato la fiducia procurandosi al 26’ il calcio di rigore (punito un intervento falloso di Paletta) trasformato da Dybala. I rosa interrompono un digiuno dal gol durato 495 minuti. Una “liberazione” per gli uomini di Iachini che, pur rischiando in un paio di circostanze di subire il secondo gol (da segnalare un’occasione fallita da Destro e un intervento di istinto di Sorrentino in uscita bassa su una deviazione ravvicinata di Antonelli), facendo leva sulla classe di Dybala erano riusciti con caparbietà a cambiare l’inerzia psicologica dell’incontro. Si trattava, però, solo di un’illusione perché come, spesso capita nel calcio, gli acuti dei giocatori di qualità possono improvvisamente fare la differenza. E nel Milan Menez è uno di quelli che ha la capacità di tirare fuori il coniglio dal cilindro come dimostra il gol siglato al 37’ al culmine di una progressione centrale attraverso un corridoio “aperto” da Rigoni, Gonzalez e Vitiello. Nel finale Iachini ha tentato la carta La Gumina al posto di Jajalo (positiva la prova del croato). Il bomber della Primavera non ha avuto il tempo per mettersi in mostra ma i cinque minuti giocati nelle battute conclusive dell’incontro resteranno scolpiti per sempre nella memoria dell’attaccante palermitano classe ’96 che, dopo la prima convocazione in prima squadra, ha potuto brindare anche all’esordio in serie A.

 

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