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Il Palermo, la serie D e il messaggio criptico di Cantona

L’altro pomeriggio, un po’ per schiffaramento e un po’ per attassare la strisciata massima e scoprire quale principe avrebbe trovato la Cenerentola Atalanta al ballo di corte, ho assistito su Sky al sorteggio dei gironi di Champions League. Solo pochi minuti e il mio dito è scattato verso il tasto giallo del telecomando per abolire il fastidio del chiacchiericcio dei commentatori che si sovrapponeva a quello delle solite facce e dei soliti stemmi delle solite squadre. A un certo punto, la trita liturgia delle palline che girano nelle bocce è stata interrotta dalla consegna di un premio speciale dell’Uefa a Eric Cantona, campione francese del Manchester United di cui ricordavo l’indecente aggressione in “stile-Bruce Lee” a un tifoso del Crystal Palace che l’insultava da bordo campo.

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Il mio sconcerto è aumentato alla vista dell’ex-calciatore che sfoggiava un look diverso rispetto a quello di tutti gli altri e omologato sulla triade “completo scuro – cravatta stretta – mocassino senza calza”. Ho pensato: “Ma come? Quei galantuomini dell’Uefa lo invitano alla festa e quest’insolente aggressore di tifosi si presenta vestito come un pastore sardo alla festa patronale con la triade “camicia rossa – barbone incolto – coppola”? Il mio sgomento è aumentato quando Cantona ha preso la parola. La prima parte del discorso sembrava fuori contesto, la seconda ancor di più.


Cantona ha esordito con quella che ho poi scoperto essere una citazione del Re Lear di Shakespeare: “Noi siamo per gli Dei come gli insetti per i ragazzacci: ci uccidono solo per divertimento”. Poi ha continuato, cito a braccio, così: “In futuro la Scienza troverà il modo di renderci immortali e noi moriremo solo a causa di incidenti, crimini e guerre. Purtroppo, i crimini e le guerre in futuro si moltiplicheranno”. Pausa. “Io amo il calcio”. Pausa più lunga. “Grazie”. La cosa più divertente della serata sono state le espressioni di quei simpaticoni di Ronaldo e di Nedved, il primo a bocca aperta con tutte le sue capsule smaglianti in bella vista, il secondo con il sorriso furbetto di quello che ha capito tutto. Anche se non aveva capito niente. Proprio come me.

E così, nelle ore successive, mi sono lambiccato il cervello per comprendere cosa mai avesse spinto uno come Cantona, capace di prendere a calci un tifoso ma anche di iniziative caritatevoli, a pronunciare quelle parole in quel contesto. Ho capito che dovevo partire dall’unica frase intellegibile peraltro intercalata tra due pause, un trucco che ogni buon oratore utilizza quando vuole che l’ascoltatore si concentri proprio su quelle parole: “IO AMO IL CALCIO”. Ma perché Cantona, che al calcio deve tutto, lancia la sua dichiarazione d’amore in quel contesto dopo aver ammonito sui rischi di un progresso che ci fa sconfiggere le malattie, ma non le guerre e i crimini figli del dio denaro? Forse Cantona voleva dar voce a me e a tutti coloro che amano il calcio, ma che non si ritrovano in questo calcio del “progresso”.

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Lo so che “il progresso” non torna indietro; che non torneremo più alla Coppa dei Campioni dello “scusa se stasera sto a casa: c’è la partita della squadra italiana alla Tv”. Perché allora, a prescindere dai colori, il mercoledì si tifava per la squadra italiana mentre oggi di italiano nelle squadre italiane c’è poco o nulla. Lo so che ormai il calcio è solo uno show televisivo, che l’Uefa vaneggia di svilire i campionati nazionali per fare un unico campionato europeo riservato alle solite note. Proprio per questo noi che amiamo il calcio odiamo questo calcio del “progresso”, quello delle plusvalenze fittizie, dei procuratori che decidono tutto e dei “sognavo questa maglia da quand’ero ragazzino”. Noi odiamo questo calcio del denaro.

Oggi il Palermo esordisce in Serie D. Giocheremo negli stadi di Troina e Cittanova e non più a San Siro o nello stadio che oggi porta il nome di una compagnia assicurativa e domani magari quello di un tonno in scatola. Abbiamo per anni bussato alla porta del grande calcio con timidi “Vengo anch’io” ricevendo sdegnati: “No, tu no”. Ma anche se siamo in Serie D, la risposta dei tifosi rosanero alla campagna abbonamenti e alla partita di lunedì scorso mostra che c’è ancora spazio per il buon calcio antico fatto di ricordi, di campi spelacchiati, di passione vera e di maglie bagnate di sangue e di sudore. E se quell’ignobile calcio a un tifoso fu solo un’enorme Cantona…ta, nel criptico messaggio di Cantona io percepisco il calore di una carezza al cuore di tanti altri che amano il calcio. Buon campionato a tutti.

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13 thoughts on “Il Palermo, la serie D e il messaggio criptico di Cantona

  1. Ottimo. Bravo Monastra. Condivido. Siamo in un punto dove ormai non importava la categoria, ma giocare a calcio comunque e dovunque. Cosa che ci aveva reso impossibile Zamparini ma che Mirri ha compreso e ha diffuso questi concetti come fondamento per ripartire. Solo chi ama il calcio e i colori rosanero può condividere questo.

  2. Caro Vito devi fartene una ragione, il calcio senza denaro tutto sentimento che sogni tu non esiste più…siamo nnel 2019 ricordatelo….

  3. Caro Vitogol,io personalmente mi sono stufato,ho dato disdetta alle pay tv.Quest’anno ho fatto l’abbonamento allo stadio,perché amo troppo i miei colori.Sono convinto che una superlega,forse non sarebbe male,per riequilibrare un campionato di A,che ormai di divertente ha ben poco….

  4. Bell’articolo ma potevi risparmiarti il paragone con il pastore sardo…..sei stato offensivo nei confronti di tutti i sardi.

    1. Non ravviso nessuna offesa nel descrivere un look che, a prima vista, mi ha ricordato gli sketch di Aldo, Giovanni e Giacomo a “Mai dire gol”. E poi, in fondo, il francese Cantona ha origini sarde.

  5. Caro Vitogol, ottimo spunto di riflessione sul calcio business odierno che non guasta mai e che, al contrario del popolo passivo e lobotomizzato dai media di cui Giovanni è un perfetto esponente, non si tratta di nostalgia romantiche ma di necessità di sviluppare pensiero critico per generare un movimento di massa che porti al cambiamento, perchè cambiare si può, sempre, e non c’è mai nulla di immutabile, caro Giovanni rassegnati perchè un giorno il calcio cambierà e non ci sarà più spazio per gli affristi e per gli spettatori passivi e non tifosi come te.

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