Palermo, “non c’è insolvenza”: motivazioni e dettagli del decreto di rigetto
Attraverso un dispositivo di 40 pagine, il collegio dei giudici della sezione fallimentare del Tribunale ha comunicato il decreto di rigetto dell’istanza di fallimento a carico del Palermo calcio, esaminando i contenuti emersi nella perizia terza e puntualizzando vari aspetti della situazione di bilancio del club rosanero e delle accuse mosse dalla Procura.
La fotografia della situazione di bilancio del club attualizzata al 31 ottobre 2017 è la seguente: flusso di cassa pari a 10,7 milioni, margine di tesoriera previsto a 5,9 milioni al 31 ottobre 2018 e flussi di cassa prospettici previsti in positivo per oltre 1,6 milioni, con debiti che risultano essere ridotti a 18,8 milioni di euro, lontano dalle cifre prospettate dalla Procura (62,9 milioni).
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Le motivazioni: “Il tribunale ritiene che allo stato degli elementi oggetto di valutazione e della situazione attuale, pur a fronte di una indubbia esposizione debitoria della società (destinata ad aggravarsi in caso di mancato recupero del credito Alyssa e/o altri introiti correlati a conseguimento di determinati risultati sportivi), non sussista lo stato di insolvenza attuale del U.S. Città di Palermo“.
“Le stesse analisi di valutazione del rischio – si legge – anche portando alle estreme conseguenze, le ipotesi di stress test sulla realizzabilità del credito verso Alyssa, non fanno intravedere nel breve periodo una situazione irreversibile, ove le indubbie situazioni di criticità siano fronteggiate con adeguate azioni di gestione delle tensioni finanziarie che dovessero emergere medio tempore”.
Secondo i giudici, gli indici di insolvenza utilizzati dai pm (pur essendoci “innegabili difficoltà economiche”) non risultano essere “significativi di uno stato di decozione, inteso come significativo di una impossibilità attuale di fronteggiare obbligazioni attuali perché scadute”.
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Secondo infatti l’indice di sicurezza Zscore (che calcola le probabilità di fallimento di una società), il Palermo poteva essere considerato a rischio insolvenza negli esercizi 2013 e 2014, ma la situazione si è progressivamente evoluta in positivo fino a raggiungere un indice di sicurezza pari a 2,80, quindi superiore alla soglia di 2,60, oltre il quale il rischio di fallibilità viene ritenuto ritenuto basso, ribadendo la necessità di un’adeguata sorveglianza sulle struttura finanziaria del club, senza che però ad oggi vi sia evidenza di un acclarato stato di insolvenza.
“Il confronto con altre società calcistiche – si legge nel decreto – evidenzia una collocazione della U.S. Città di Palermo in prossimità dei valori massimi raggiunti da società del settore (Juventus FC. 3,20; AS Roma 2,57; F.C. Internazionale Milano 1,79)”.
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Il decreto ribadisce anche le conclusioni della relazione in merito alla natura, al rischio finanziario e al valore dell’operazione Mepal – Alyssa (credito considerato non scaduto e non a rischio specifico – e la cui prima tranche risulta essere composta anche dalla compensazione del credito della Pencil Hill di Mascardi per il caso Dybala).
I giudici sottolineano che l’attenzione sul ruolo di Maurizio Zamparini come elemento centrale delle società coinvolte poteva prefigurare degli schemi societari di fatto, sul cui stato di insolvenza però il Tribunale di Palermo non ha competenza. Anche in caso di forte deficit da ripianare, poi, il Palermo avrebbe comunque la possibilità di rientrare nella disponibilità di Mepal per ricollocarla sul mercato, ricorrere all’indebitamento oppure disinvestire l’asset del parco giocatori, il cui valore medio complessivo attribuito dai giudici è di 58,4 milioni di euro.
In riferimento invecec alla possibile estensione della perizia alla valutazione della solvibilità del credito Alyssa con approfodimenti penali in merito a GASDA (la holding Zamparini), il collegio ribadisce che in tale sede bisogna “valutare lo stato di insolvenza dell’imprenditore destinatario dell’istanza, senza alcun potere di estendere l’indagine a soggetti diversi che non sono parte del procedimento e che non possono partecipare ad esso” e che “non si può ampliare l’indagine in qualsivoglia direzione”.
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Un passaggio viene dedicato anche ai “900 mila euro” presenti in un estratto conto della disponibilità del club rosanero, prova presentata dei pm il 21 marzo che però (si legge) “non scalfisce” le conclusioni e “non incide in alcun modo” sulla riscotruzione dei periti, respingendo la richiesta di integrazione con nuovi quesiti oppure la sostituzione dei periti.
Dagli estratti, attualizzati al 16 e al 2o marzo 2018, risultano un saldo superiore a 600 mila euro e un versamento operato da Maurizio Zamparini per 900 mila euro (che secondo i pm “denoterebbe l’incapacità della società di fronteggiare pagamenti correnti” (cioè gli stipendi). Per i giudici, invece, “la voce di saldo apparente cristallizza un solo elemento dell’attivo patrimoniale in uno specifico momento”, venendo giudicata non significativa e che costituisce una visione parziale. Il versamento operato da Zamparini invece non presenterebbe alcun “connotato di anormalità circa la fonte di provenienza”, qualificandosi come apporto di capitale.