Rauti, il bomber del futuro. E gli “assist” di una famiglia speciale
Di lui colpiscono la grinta e la determinazione. E dire che a soltanto 20 anni porta sulle spalle il peso di far parte di un attacco che punta in alto come quello del Palermo. Nicola Rauti, classe 2000, nato a Legnano e cresciuto a Sedriano, paese di 12 484 abitanti della città metropolitana di Milano, è il bomber del futuro. Ecco come da una piccola realtà nascono sogni giganteschi: con la voglia di spaccare il mondo e la caparbietà. Le stesse doti che si vedono in campo ogni volta che Nicola è stato chiamato in causa. Cioè sempre. Sette volte titolare in altrettante partite con una squadra che vuole raggiungere la Serie A. Un gol, un assist e l’approvazione dei tifosi che non si chiedono neanche perché Boscaglia faccia sempre affidamento su di lui.
La risposta è semplice e la conoscono tutti: difficile rinunciare a chi combatte con tanta grinta e personalità. D’altronde a Rauti il carattere piace. Per questo ama John Travolta in Grease: perché Danny Zuko, da vice leader dei Thunderbirds, diventa capo carismatico che porta la sua banda alla vittoria contro gli acerrimi rivali Scorpions. Perché le mosse di quel Celentano ribelle e sfacciato che ammirava in gioventù hanno fatto da sempre breccia nel suo animo. Merito di mamma e papà, maestri di vita, e di Giuseppe: fratello venticinquenne con cui ha condiviso sempre sogni e speranze, momenti belli e brutti.
“Con Nicola abbiamo un rapporto particolare – spiega Giuseppe Rauti -. Era già speciale, ma quando a 14 anni è andato via da casa si è fortificato”. Una storia di famiglia e di pallone. “Mi sono sentito sempre molto responsabile del suo comportamento, così come i miei genitori”. Il percorso di una famiglia che punta tutto sull’educazione. “Prima quella, poi l’aspetto sportivo”. Anche Giuseppe giocava a calcio, difensore della Pro Patria durante tutto il settore giovanile: “Poi ho girato tutte le squadre della zona. Mi sono fermato in Serie D. Ci siamo sempre confrontati. Ho provato nel mio piccolo, essendo anche l’allenatore di bambini, a fare un po’ da chioccia e dare consigli. Lui si è dimostrato particolarmente bravo”.
E ricettivo. Qualità che lo hanno portato nelle giovanili del Torino. Cairo, infatti, se lo tiene stretto il suo campioncino grintoso. “Ha fatto degli anni straordinari in granata – prosegue Giuseppe -. Si è sempre ritrovato a crescere da solo perché noi eravamo abbastanza lontani, ci vedevamo poco e ciò gli ha dato grande forza. Quando aveva 14 anni si è infortunato gravemente alla tibia, stava facendo un ottimo primo campionato e improvvisamente si è fermato per 6 mesi”. Ma Nicola è ripartito con ancora più dedizione e voglia, paradossalmente rimanere fuori e vedere gli altri giocare lo ha caricato.
“La svolta è stata lì, ma quell’infortunio è stato brutto per tutti. Siamo stati in ospedale insieme e ho dormito con lui quando è stato operato”. Un ragazzo che non si arrende mai. Che “picchia”sul campo e che crede nella sua famiglia. L’addio alla nonna è stato doloroso e Nicola l’ha omaggiata nella maniera che conosce meglio: con il gol alla Paganese. Anche il papà giocava a calcio tanti anni fa, è stato lui il primo a portare i fratelli Rauti nei parchi e nei vari campi a rincorrere la sfera. Nel mentre, ha dato qualche insegnamento che ora è la loro fortuna.
Maturità ed umiltà, un connubio perfetto. “Ha l’umiltà giusta – le parole del fratello -, non sta sempre con la testa bassa, è una persona che dice la sua e si prende le sue responsabilità. Ma sa che deve ascoltare chi è più grande. E vale per tutti gli ambiti: scolastici, calcistici e lavorativi”. Educazione e spirito combattivo che vengono da mamma e papà. Una, siciliana; l’altro, calabrese. “Mio padre è per noi un punto di riferimento importante – spiega Giuseppe -. Ha provato da subito a tirarci fuori il carattere”.
Un carattere e una voglia che si sono manifestati già in tenera età, quando in vacanza a 5-6 anni Nicola vedeva suo fratello correre per le spiagge e lo seguiva. “Infatti lui sin da piccolo ha avuto una predisposizione fisica eccellente con polpacci e gambe definite che in questo momento sono la sua fortuna. Facevamo corse pazzesche”. O quando andò all’Inter a soli 12 anni. Giorni scolpiti nella sua memoria. Una volta scese addirittura in campo tenendo la mano di Ibrahimovic. Odore di destino?
Poi i nerazzurri presero altre decisioni e il piccolo Nicola ci rimase molto male, per un bambino non è semplice accettare di essere “scartati”. Anche lì la risposta fu la solita: il gol. Quello con cui sconfisse la sua ex “amata” per alzare la Supercoppa con la primavera del Toro. Una soddisfazione doppia. Adesso il suo presente è a tinte rosanero, il suo futuro quello che si costruirà nel tempo. Basta solo qualche altro gol. Quelli giusti e al momento giusto. Ma Rauti fino ad ora li ha sempre saputi segnare.
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Movenze da Totò de Vitis su faccia da Nanu Galderisi. Belle premesse per un attaccante giovane.
a me la continua corsa a rincorrere anche chiunque abbia la palla che certe volte lo rende poco lucido in fase conclusiva mi ricorda tanto Cavani. Magari….ci si avvicinasse.
puo’ segnare anche tanto, si vedra’. Intanto va benissimo come giocatore a tutto campo, davvero indipendentemente dai goals
Decimo Comandamento: ‘Non desiderare la roba d’altri’. Nicola Rauti, giovane calciatore interessante (anche se non disdegna qualche atteggiamento da ‘fighetto’, nonostante la categoria) è di proprietà del Torino, ceduto in prestito, con scadenza secca, 6/2021. Transfermarkt (ingeneroso consulente della Procura, nella richiesta di fallimento) lo valuta 300 mila Euro, ma non credo sia un prezzo proponibile alla Società di Cairo, per l’acquisto. Si potrebbe allora puntare sul rinnovo del prestito, cercando di sottrarre per adesso il campioncino dalle luci della ribalta. Fu la tattica usata, tanto tempo fa, da Di Bella con Causio e la Juventus, però senza successo.
Non vedo in lui movenze né caratteristiche che mi ricordano Antonio De Vitis, essendo quest’ultimo più statico e sostanzialmente un cecchino da area di rigore con grande capacità di opportunismo (supportato dalla creatività di Pietro Maiellaro). Io vedo in Rauti un giovane Cavani che corre senza sosta per tutto il campo prima di essere collocato (da altri) come prima punta. Un attaccante moderno che da una mano ovunque (fortuna degli allenatori). Un tutt’uno di grinta e volontà, con ottima tecnica di base. Ho visto anche che ha una bella “castagna” in occasione della punizione battuta contro la Paganese. Il futuro è suo e sembra roseo, spero che tale rimanga in tutti i sensi, nonostante l’attuale radice granata. Ma se uno sforzo per lui va fatto, va fatto adesso… magari col contributo della sua volontà,,, poi sarà troppo tardi.
Ciao Pit, ma almeno la faccia di Nanu Galderisi me la concedi ?
Sì… il suo viso somiglia molto a quello di Galderisi. Te lo concedo senza sforzo alcuno… perché è vero… 🙂
daccordisimmo , già commentato. a me ricorda il primo Cavani. anche i tiri sbilenchi per poca lucidità per rincorrere tutti gli avversari.
p.s. Non dimentichiamo che il Torino deve ricambiare diversi regali, uno su tutti quello di Belotti.
ma credi ancora alle favole. Ma chi ricambia in questo ambiente di sciacalli.
Era per dire… e poi un regalo da Cairo? Figuriamoci…
Belotti, un regalo ??? Quasi 9 (nove) milioni, un regalo? Guardiamo i passaggi e i vari valori nel periodo, sempre secondo TransferMarket (consulente della Procura di Palermo etc.ect). Dunque, in sintesi, BELOTTI: 1/7/2014, da Albinoleffe a Palermo, (Valore di Mercato: 2,5 Milioni) per Euro 5,5 Milioni – 18/8/2015, da Palermo a Torino (Valore di Mercato: 5 Milioni) per Euro 8,4 Milioni. Altro che regalo, il 70 % oltre il valore di mercato, già raddoppiato dopo appena un anno.
Che Belotti sarebbe diventato il centravanti della nazionale già si intuiva negli spezzoni di partita che Iachini gli concedeva. Per me non è stata una vendita ben remunerata. Bastava tenerlo un altro anno e dargli più spazio per venderlo ad un prezzo molto più alto. Se non erro adesso Cairo ha rifiutato proposte oscillanti sui 100 milioni e non mi dire che il giocatore è cresciuto a Torino, perché a Palermo ogni volta che entrava in campo faceva gol.
insomma ora si scopre che Castagnini e Sagramola tanto schifo non hanno fatto nel costruire l’organico