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Santana indica la via: “Chiudiamoci in un bunker, adesso bisogna pedalare”

Parla Mario Alberto Santana. Il capitano rosanero (ancora alle prese con il grave infortunio) dice la sua sul momento del Palermo dopo la sconfitta a Licata e in vista del rush finale. Un rush finale in cui spera di esserci anche lui: “Sapevo che sarebbe stato un percorso lungo, conto i giorni. Ma mi sto riprendendo, non vedo l’ora di tornare. Adesso è il momento di pedalare”. E prende la squalifica con il sorriso: “Eh ora è un casino per me… domenica non potrò giocare (ride, ndr.). Scherzi a parte: sono andato un po’ oltre, può capitare”.

Ospite negli studi di Trm, il capitano racconta le sue giornate: “Al campo ci sono sempre, cerco di essere presente per i ragazzi; nonostante l’infortunio, è giusto dare un contributo anche fuori dal campo. Mi rende orgoglioso sapere che i ragazzi si fidano di me e che mi seguono, vale tantissimo per me. Ogni momento può essere buono per dare qualcosa ai miei compagni: forse ai ragazzi manca l’essere in campo, ma ci sono tante piccole cose e gesti che ti possono fare sentire importante. Sono tornato e sin da subito ho cercato di dare tutto per loro, per farli crescere, non per me stesso”.

E sul campionato dice: “La verità è che siamo il Palermo e tutti ci guardano. Gli altri si sono dovuti sempre attaccare a qualcosa, ma la verità è che ogni partita non ci ha regalato niente nessuno. E noi non ci siamo mai lamentati di niente. Certo, posso capire che per gli arbitri può essere difficile dirigere una partita del Palermo. Se c’è affanno? L’affanno penso sia più fuori che dentro lo spogliatoio: la squadra è consapevole di cosa può fare. Abbiamo difensori che possono giocare… con la sigaretta in mano; ma nel momento dell’errore la squadra deve essere pronta a dare una mano. I tifosi e i giornali parlano tanto, noi dobbiamo essere come in un bunker… e invece Pelagotti sta tutto il giorno al telefono (ride, ndr.). Io sono tranquillo e sicuro che giocheranno alla grande le ultime 9 partite. Guardare già al Savoia? No, ci sono anche le altre partite. Non siamo la Juventus e loro non sono il Real Madrid. La partita più importante è quella di domenica”.


E sul fronte under, sottolinea la necessità di dare maggiore responsabilità ai giovani anche sul fronte dei regolamenti: “L’obbligo degli under toglie loro responsabilità e loro inconsciamente forse danno qualcosa in meno. Se non ci fossero questi obblighi dovrebbero guadagnarsi il posto, così invece hanno… un bonus. Io da giovane dovevo dare il triplo degli altri e fare sacrifici: non basta sapere di dover giocare per forza. E devono capire che non devono fermarsi qui, ma pensare sempre più in grande. Già in Serie C potrebbe essere diverso. Il calcio non è solo qualità: è cuore, passione, voglia di lavorare. Con queste regole invece ai giovani rischiamo di togliere loro qualcosa. Per me ci sono lo giocatori, giovani o vecchi è la stessa cosa. L’importante è che siano uniti”.

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